Una scintilla di speranza a  Gracanica
     Kosovo Metohija         
     
                     
  di  Radmila Todic Vulicevic   
                                                                                                                           
    Ci siamo chiusi nel silenzio. sembrerebbe  quasi che le cose vadano bene, bene a tal punto da non aver più nulla da dire.
    Siamo immersi nei nostri pensieri.  Per chi osserva da fuori, diamo l'impressione  di coloro che stando  davanti alla  propria casa e,  quasi canticchiando,  lavorano serenamente nel proprio giardino, convinti che la stessa cosa stiano  facendo anche i vicini.
    La verità è che stiamo camminando nelle  tenebre e che ci sentiamo impotenti. 
    Abbiamo sentito che i team scelti per i  negoziati sul Kosovo, si ritroveranno di nuovo a Bruxelles per discutere e  negoziare.
    Le persone sono  preoccupate:  alcuni sono immersi nei  calcoli e preoccupati delle cifre che possono ottenere per la terra che hanno  ereditato. Altri sono preoccupati per l'aratura e per la raccolta perché non  sanno se riusciranno  a raccogliere  quello che hanno seminato.
    Le  stesse preoccupazioni da oramai dodici anni. E cosa potrebbe  succedere se la Serbia dovesse girare le  spalle a questa gente? Per tutti questi anni   dalla Serbia  arrivavano i sussidi  per i sementi, per i fertilizzanti e per l'olio...sarà così anche quest’anno?
    I  cittadini di Mitrovica ricevevano aiuto dagli altri Serbi del Kosovo, ma si  trattava di singoli oppure di partiti. Era una scommessa: per quanto tempo  riusciranno a persistere, come andrà a finire?
                                                                                                                                                                                                                                                                                  
    Arriva l'inverno... di riscaldamento non c'è né  negli uffici di  questi "Serbi Albanesi"  né negli uffici dei "Serbi Serbi". Potrebbe andare  meglio solo se decidessero di procurarsi  la legna da soli  e di pagare   di tasca propria le spese per gli spazzacamini.
    È stato  annunciato che ci saranno di nuovo i colloqui a Pristina per discutere della  proprietà usurpata. Magari qualcuno nominerà, in qualità di usurpatrice,  anche Kacusa Jasari, in politica dai tempi di  Tito fino ad oggi, che si presa un appartamento di serbi. 
    La  stessa cosa è capitata nel centro di Pristina, nella via Ramiz Sadiku, dove  Arber Hadri (figlio di Ali Hadri, ex professore ed ex rettore dell'università)  si è impossessato d'un appartamento. Per non parlare di Prizren, dove ci sono  antiche case delle famiglie serbe che sono letteralmente state spazzate via,  eliminate dai documenti catastali. Come se non fossero mai esistite.  Penso ai proprietari di queste case  che cercano giustizia ricorrendo alle  organizzazioni non governative, gente che perde tempo presso i tribunali,  esaurendo gradualmente tutte le proprie forze ( materiali e psicofisiche).   
    Penso  che ogni centimetro di terra in Metohija significhi dignità, duro lavoro e  sudore di un contadino e della sua famiglia.
     Chissà se i negoziatori si  ricorderanno di parlare anche di questo? Anche se bisogna dire che ancora oggi  non sono stati contati e registrati ne’ i proprietari ne’ le proprietà, non  sono stati catalogati in alcun posto ettari di fertili terreni  agricoli e la stessa cosa vale per le  numerose foreste.
    Per la verità, una volta è successo, presso l'agenzia  delle Nazioni Unite per la proprietà, la quale  però è stata poi ribattezzata "agenzia  per la proprietà del Kosovo".
     Come conseguenza, la gente doveva  nuovamente presentare le prove di ciò che  fosse di loro proprietà! 
    Queste persone che una volta vivevano solo dalla  propria terra e del proprio lavoro nei campi, oggi passano il loro tempo nei  centri profughi collettivi, aspettando che qualcuno più giovane di loro gli  offra una sigaretta oppure muoiono   lentamente  e con discrezione,  senza dare spettacolo, "senza corda".
    Muoiono  anche gli  Albanesi negli ospedali.  Quelli che hanno delle conoscenze riescono ad andare a curarsi a Belgrado, ed a  Belgrado, bisbigliando, raccontano  i  loro guai.
    Si  potrebbero elencare all'infinito le incongruenze della vita che vibra tra le  pareti del monastero fondato otto secoli fa. 
    Ma  c'è stata una scintilla.
     In un giorno, qualche settimana fa, proprio nello stesso giorno, sette bambini  sono nati nel piccolo ospedale di Gracanica.   
    Questi bambini, esattamente come i loro genitori,  non sono stati registrati nel censimento che  si stava svolgendo in Serbia, ma sono stati iscritti nel registro delle nascite.  Il censimento è stato pubblicizzato come "una nota per il futuro", ma  i bambini appena nati hanno rifiutato questo slogan…             
                             
 
    Essi  esistono a dispetto di tutte le politiche e dei politici…. 
     
     
    *Da Gracanica
    Radmila  Todić-Vulićević, dell’Associazione di donne Srecna Porodica – 12-2011.
     
     
     
     
     
      
    Brevi note dal e sul Kosovo  Metohija
     
    
    Prendendo  spunto da questa corrispondenza inviataci da Radmila Vulicevic, presidentessa  dell’Associazione  di donne vedove e  profughe di guerra “Srecna Porodica”, con cui abbiamo da anni un Progetto di  Solidarietà e con cui siamo gemellati, abbiamo occasione per rompere anche solo  per un momento, il muro di silenzio sulla terribile situazione, sia materiale  che morale, nella provincia kosovara.
    Già  nella esposizione di Radmila Vulicevic, si può avere un’idea della realtà in cui  vive il popolo serbo kosovaro; sono passati quasi 13 anni da quando la “scure  umanitaria” della NATO si è abbattuta sulla Serbia e sul Kosovo Metohija, per  portare la “democrazia”; dopo 78 giorni di bombardamenti, a cui è seguita  l’occupazione militare e la consegna della provincia ai loro fiduciari  secessionisti e criminali dell’UCK, ora al governo in giacca e cravatta a  Pristina.
    In  questi 12 anni e mezzo, in questa terra, cuore della storia e identità del  popolo serbo, sono continuate violenze, omicidi, terrore, umiliazioni…per 12  anni e mezzo, ininterrottamente.
    Continuano  ad esistere le “enclavi”, aree protette dalle forze militari internazionali,  dove la gente ( serbi e rom soprattutto) vive in uno stato di apartheid,  isolata ed intimorita.
    Non  esiste il diritto alla sanità,  se non, per casi gravi presso l’ospedale di Mitrovica nord ( Kosovo  settentrionale abitato dalla comunità serba), dove i serbi vanno …quando  possono, sotto scorta, a farsi curare.
    Non  esiste il diritto all’istruzione, i bambini serbi studiano nelle enclavi in stanze adattate a  classi, spesso senza riscaldamento; i giovani vanno ogni due, tre mesi…quando  possono, sotto scorta, a dare gli esami all’università distaccata di Mitrovica  nord.
    Non  esiste il diritto al lavoro, tranne  la coltivazione di orti all’interno delle enclavi,, non vi è nessuna possibilità di lavorare per ogni serbo del Kosovo; tranne piccole attività  marginali per chi vive a Mitrovica nord, dove comunque il tasso di  disoccupazione è oltre il 70%.
    Non  esiste il diritto al libero movimento e spostamento, pena il rischio di essere  attaccati o peggio assassinati, come successo in questi anni.
    Una  vita da prigionieri, una realtà che ormai non fa più notizia in Occidente; dopo  la NATO c’è la democrazia, la pace, ci sono i diritti…così ci dicono; nel  Kosovo ci sono gli standard di democrazia hanno stabilito nelle capitali  europee della NATO.
    A  chi importa se centinaia di migliaia di uomini, donne, bambini serbo kosovari, non  esistono, socialmente, civilmente, politicamente e culturalmente, o sono  profughi.
    A  chi importa se da tre mesi sono sulle barricate notte e giorno, se ci sono  stati, in questi tre mesi scontri, morti, feriti, centinaia di arresti…solo per  gridare al mondo…che esistono.                           ( Vedere Kosovo  Metohija Notizie 4 e 5 del FBIt)
     
                                           
     
     
     
    Enclave di GRACANICA
    Il paese di Gracanica  si trova a pochi chilometri da Pristina, sulla strada per Gnjilane. E’la più  grande enclave serba del Kosovo, nella quale sopravvivono, con alcuni villaggi  vicini, tra i 15.000 e i 20.000  Serbi,  Rom e Goranci (Slavi di religione musulmana);  la  vita della locale comunità del paese, alcune migliaia di persone, si sviluppa  intorno al Monastero ortodosso del 1321, che si erge al centro del villaggio  sulla strada principale, protetto da militari internazionali con la presenza di  poliziotti albanesi. 
                                   
                                 
 
         
    
  
    Il paese essendo attraversato dalla strada provinciale non è  circondata dal filo spinato, vi sono due check-point  posti agli ingressi del  villaggio, a seconda dei momenti presidiati, con una presenza di veicoli Unmik  ed  EULEX, che girano nell’area.
            
 
    Oltre  ai profughi del 1999, dopo il 17 marzo 2004, sono arrivati anche molti altri  sfollati da villaggi vicini, che vivono in un centro profughi. 
    In  un piazzale di cemento dietro gli uffici della comunità locale di Gracanica ci  sono una decina di containers, gabbie di metallo di 12 metri quadrati ciascuna,  dove ci vivono alcune decine di persone.
                                             
    Dal  10 dicembre 2007, la vecchia Ulica Vidovdanska, la strada principale di  Gracanica, sia chiama boulevard Generale Ratko Mladic, questo può far capire in  sostanza i sentimenti della gente che vive qui.                                                                                                                                                     
    Non  c’è lavoro, non ci sono prospettive, non ci sono diritti di nessun tipo a  Gracanica, non c’è nulla se non dolore, sconforto e rassegnazione, ma anche una  grande dignità e difesa della propria identità… Come tutte le enclavi, una  prigione a cielo aperto.   
                            
                                                   Manifestazione  di protesta a Gracanica                                
      
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    A  chi può ancora interessare se la tensione sale di mese in mese e con essa il rischio di nuove violenze e  conflittualità generali. A breve ci sarà un Referendum tra la popolazione  serba, rom e delle altre minoranze per staccare il Kosovo settentrionale dall’auto  nominatosi Kosovo indipendente e albanese, nonostante il rifiuto del governo di  Belgrado di sostenerlo; intanto sono quasi quarantamila i cittadini serbo  kosovari che hanno richiesto la cittadinanza russa, se venissero accettati,  sarebbe la Russia a difendere i diritti di “propri cittadini”; visto che  l’attuale governo serbo asservito all’Occidente, ha scambiato il destino della  provincia kosovara per entrare nell’Unione Europea e nella NATO.
     
     
    A  chi può ancora interessare in Occidente…Certo sarebbe comprensibile se non ci fosse un piccolo  enorme fatto: il nostro paese, i nostri governanti e politici ( di destra o  sinistra, cambia poco…), i nostri aerei con le loro bombe ( 1471 missioni aeree  italiane…), hanno fattivamente partecipato e contribuito a distruggere,  devastare e immiserire quel paese e quel popolo.
    In quella terra kosovara, ogni  zolla, ogni fiume, ogni pietra è intrisa di storia millenaria, di sangue, di  sofferenze, di resistenze grandiose; e, come scrive Radmila, in questo popolo  fiero, indomito, dignitoso e malinconico, come il paesaggio loro intorno,  ancora vivono, caparbiamente e nonostante tutto, i semi della renitenza e della  speranza. Mentre il loro tempo, la loro quotidianità, la loro vita sono  alimentate dall’angosciante visione del presente e dall’ancor più angosciante  paura degli accadimenti futuri.                                                                                                                         Quando si è là, in mezzo a loro, la sensazione che ti avvolge è di una  stanchezza e sconforto profondi come un oceano; talmente profondi che persino  l’odio e la rabbia (…che ci sono), sembrano avvolti in un senso di  annichilimento; nella consapevolezza dell’essere SOLI, SOLI…SIAMO SOLI è la  frase che più ricorre nelle conversazioni. E questa sensazione, può essere,  alla lunga, per un popolo… disarmante. Eppure …anche se su di essi è  calato il suono letale del silenzio e dell’indifferenza…per il Kosovo come per  l’Iraq, per l’Afghanistan, la Libia, in attesa delle nuove “guerre umanitarie”  già in programma….Eppure, nonostante questa densa coltre di disumanità, di  oppressione, di violenze  materiali e  morali, di ingiustizie storiche, a cui questo popolo è sottoposto da decenni…Eppure la speranza, la dignità, la resistenza, continuano a vivere, nella  fierezza e tenacia di chi, a costo della vita continua a restare al proprio  posto, nella propria terra; di chi da mesi sale sulle barricate notte e giorno,  di chi scende in piazza e resiste alle violenze delle truppe di occupazione NATO  e reagisce con fermezza. Di chi continua ostinatamente a restare in trincee  fatte con la terra e le pietre insanguinate da 700 anni di storia e di lotta,  di dignità e perseveranza, contro invasori e stranieri, ieri come oggi. Di chi,  a costo della propria esistenza, continua a volere e chiedere semplicemente giustizia  contro l’ingiustizia… Come radici sottoterra in un campo bruciato, come  lembi di terra rimasti asciutti dopo una tempesta, come travi bruciate qua e là  ma non incenerite, come i ruderi di una casa bombardata ma non distrutta del  tutto…il futuro vive. Noi non possiamo fare molto, questo è certo, una cosa  però possiamo farla, per loro ma anche per noi, per la nostra dignità:  continuare l’impegno di Solidarietà concreta del Progetto SOS Kosovo  Metohija e continuare a stare dalla loro parte, come facemmo (…non eravamo  molti neanche allora…) con coraggio e lucidità in quel Marzo 1999…fino ad oggi.  Ed oggi il nostro compito concreto sarà anche quello di non far morire…la  scintilla della speranza di Gracanica.
     
    “ Il vento non si ferma …neanche quando gli  alberi, sfiniti, vorrebbero riposare…”
    
                          Enrico Vigna –  Associazione SOS Kosovo Methoija – Gennaio 2012
                                                                                                      sosyugoslavia@libero.it
 
     
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